IL MIO RAPPORTO CON LE FORZE DELL'ORDINE


La recente sentenza della corte dei diritti umani di Strasburgo che ha riconosciuto i danni materiali e morali subiti da sei cittadini italiani in occasione del G8 di Genova (45.000 euro a testa) mi ha riportato alla mente quattro diverse occasioni nelle quali ho avuto personalmente a che fare con le forze dell'ordine.
1) LA PERDITA DELLE ILLUSIONI:
Sarà stato l'inizio degli anni Settanta. Ero un ragazzino di tredici/quattordici anni. Ero allo stadio San Siro di Milano e sono andato a comprarmi una Coca Cola da uno dei vari venditori ambulanti che all'epoca battevano le gradinate in su e in giù con la loro bella cassetta piena di gelati, bibite, patatine, ecc.
"Aranciate, Coca, gelati, paniniiiiiiiiiii!"
L'ambulante mi porge un bicchiere di carta (non versa la Coca da una bottiglietta, il bicchiere è già lì, pronto per essere venduto...) Pago e torno al mio posto. Una volta seduto mi accorgo di essere stato truffato. Il bicchiere di carta era praticamente vuoto, di Coca Cola ce n'era giusto un assaggio. Incrocio due agenti di P.S. e colmo di fanciullesca fiducia nelle istituzioni denuncio con fare serio l'accaduto.
Risposta: "Se ti hanno fregato è colpa tua. Dovevi essere più furbo. La prossima volta non farti fregare".
Grazie, saggi agenti di P.S. che invece di muovere il culo, fare due passi, incrociare il truffaldino venditore di bicchieri di carta semivuoti e magari verificare se non stesse truffando altri incauti cittadini mi avete impartito una utilissima lezione su come funzionano le cose in Italia! Mai fare troppo conto sugli altri (amici, conoscenti o semplici funzionari di P.S.), meglio soli che male accompagnati, chi fa da sé fa per tre! Ecc. ecc. Certo che se il buongiorno si vede dal mattino, e se questi sono i sani principi che come un balsamo emolliente ci pervadono fin dall'infanzia, è inutile poi sorprendersi per cose e cosucce che vediamo tutti i giorni e che ormai non scuotono più neppure un ciglio della nostra divina, italica abitudine al peggio;
2) UNA "GUANTANAMO" DE NOANTRI:
Metà degli anni Ottanta, ormai di anni ne avevo un venticinque-ventisei. In vacanza dai nonni in una  "amena" (si fa per dire...) località balneare del litorale laziale. Ospite: un amico svizzero automunito che aveva parcheggiato il veicolo davanti a casa. Orario: il primo pomeriggio, un caldo feroce, le strade deserte e la cittadina silenziosa e pervasa solo dal classico frin-frin di cicale. Null'altro. Ad un tratto un malintenzionato a bordo di un vespone (convinto che fossimo tutti intenti a goderci l'inevitabile "pennichella") si avvicina alla macchina dell'amico elvetico a bordo di uno scooter con il motore al minimo e inizia ad armeggiare attorno alla portiera dell'auto. Il suo obiettivo: l'immancabile autoradio al suo interno.
Ce ne accorgiamo e cominciamo a gridare. Il malintenzionato si allontana.
Io (immemore della Coca Cola di una decina di anni prima) propongo, impavido: "Chiamiamo i Carabinieri!"
Telefonata al 112, veloce descrizione del tipo a bordo del vespone bianco (un energumeno con lunghi capelli incolti che gli ricadevano sulle spalle) e sorriso felice per aver fatto il mio dovere di bravo cittadino!
Dopo un'ora circa suonano alla porta. Sono i Carabinieri. "Signor Tizi, abbiamo fermato una persona che risponde alla sua descrizione, ci segua."
Già tutta la "poesia" del bravo cittadino che fa il suo dovere in difesa dei propri ed altrui diritti, della propria ed altrui proprietà, cominciava lentamente a defluirmi attraverso le vene con effetto "ghiaccio tritato"...
Io? Salire sulla gazzella dei Carabinieri??? E dove mi portate? E che cosa mi fate???
Morale: salgo. Mi portano in caserma. Il clima è cupo (che cosa mi aspettavo? una festa di compleanno???)
"Ecco, signor Tizi, il sospettato è chiuso in questa cella. C'è uno spioncino. Lei guardi senza farsi vedere... NO, NON COSI'!!! NON SI FACCIA VEDERE!!!"
Io sbircio al volo e mi sembra più o meno lui. La stazza è quella. I capelli sono quelli. I vestiti mi sembrano più o meno quelli, anche se siamo d'estate e d'estate siamo vestiti tutti più o meno uguali.
Qui i ricordi si confondono, sono passati tanti anni. Non so perché a un certo punto lo tirano fuori dalla cella, lo strattonano, sempre imponendogli di non guardarmi.
"Tieni giù la testa, hai capito? TIENI GIU' LA TESTA!!!"
E qui parte uno schiaffone. Il papà di tutti gli schiaffoni. Un colpo violentissimo, in piena faccia, che se fosse stato destinato al sottoscritto, ne sono sicuro, ne avrebbe causato la decapitazione...
Lui teneva la testa rivolta verso il basso. Era appena stato colpito ma sembrava non gliene importasse niente. Forse ci era persino abituato, alle botte. E forse non gli facevano niente. O forse sì. (Le botte fanno sempre qualcosa, a tutti, giusto?)
Io rimango senza parole. C'era proprio bisogno?... mi viene da dire. Ma non lo dico. In fondo è un delinquente. Forse i delinquenti vanno trattati così, non è vero?
In fondo voleva rubare l'autoradio del mio amico.
Però non ci era riuscito...
Però quello schiaffone... Ma se fanno così con un semplice sospettato, chissà...
Uno dei Carabinieri mi chiede: "E' lui? Lo riconosce?"
Io, muto.
Spaventato.
Per me. Ma anche per lui.
Sto zitto.
E loro: "Lo riconosce?"
E io: "Mah, guardate, io l'ho visto di sfuggita e solo di spalle... Sembra lui ma sinceramente non potrei confermarlo..."
E uno dei Carabinieri, sottovoce, rivolto ad un collega: "Questo c'ha paura..."
E che cazzo, certo che c'ho paura! Quello sarà pure un pericoloso malvivente, responsabile di chissà quali crimini, ma il suono sordo, violento, di quello schiaffone...
Il ladro viene riportato in cella. Io mi avvio all'uscita.
E qui parte la morale. Dopo una decina d'anni. Un'altra morale da parte delle forze dell'ordine.
Il più alto in grado (brigadiere? maresciallo?) mi dice: "Lei è una brava persona, era a casa sua, lui non aveva diritto di venire a rubare..."
Della serie: ci sono i Buoni e i Cattivi.
Io sarei il Buono, in questo caso...
E poi:" Anche i suoi genitori non sanno più che cosa fare con lui, lo sa? Ci crederebbe? Ci hanno persino detto: se lo prendete tenetelo in cella qualche giorno, dategli voi una bella lezione, noi non sappiamo più che cosa fare!"
Sì, immagino la mamma e il papà della montagna umana che implorano i carabinieri di L. di menare il figlio un giorno sì e uno pure, così, giusto per vedere se in questo modo impara qualcosa.
Che non si ruba, né d'estate né d'inverno. Che le autoradio altrui vanno lasciate lì dove sono.
Esco dalla stazione dei Carabinieri. No, non era Guantanamo e forse uno schiaffone è solo uno schiaffone...
Forse no, però.
3) AUTO SOSPETTA IN VIA PROCACCINI:
Passano gli anni. Forse primi anni Novanta. Sono a Milano. Una notte d'estate, tranquilla, caldissima. Passeggio con amici in via Procaccini. Abbiamo fatto tardi da qualche parte (in discoteca?), è davvero molto tardi...
Le due? Le tre di notte? Ma noi siamo tranquilli, siamo in tre o quattro, non stiamo facendo assolutamente nulla di male.
Non facciamo rumore. Stiamo solo camminando. Stiamo andando a casa.
Ad un certo punto, non so perché, rimango indietro di qualche metro. Sopraggiunge un auto senza contrassegni, quattro ceffi a bordo.
Brutte facce davvero (vabbè, alle tre di notte, a bordo di un auto che si avvicina a te e poi rallenta all'improvviso, forse la paura gioca la sua parte... Non so se le facce fossero belle o brutte, ma il fare era sicuramente minaccioso...)
"Che cosa stai facendo?" mi chiede uno dei quattro a bordo.
Non erano in divisa, non si presentano... "Carabinieri... Polizia... Nettezza urbana..." Niente di niente.
Solo quelle facce da brutti ceffi, l'auto che si avvicina e poi rallenta.
"Che cosa stai facendo?"
Intanto i miei amici non si sono accorti di niente, continuano a camminare davanti a me. Non si girano neppure.
A me viene voglia di dire: "Che cazzo volete?" ma non lo faccio.
Dico solo, in automatico: "Sto andando a casa..."
Qualcuno prima che l'auto sgommasse via deve aver borbottato "Digos" ma non ne sono certo.
Sicuramente erano agenti in borghese che non si sono fatti riconoscere.
Perché questa è la procedura? Perché cercavano un sospetto? O per divertirsi alle spalle di uno che camminava da solo a Milano alle tre di notte facendosi i fatti suoi?
Magari erano spaventati come me...
4) "NON VIVIAMO IN UNO STATO DI POLIZIA"
Pochi anni fa. Prima dell'avvento massiccio di Internet, forse, sta di fatto che devo acquistare un biglietto del treno e non so perché decido che la cosa migliore sia di andare a comprarlo in stazione. Mi accerto di avere con me la carta di credito, intendo pagare con quella.
Arrivo alla stazione Centrale di Milano, mi presento alla biglietteria, compro il biglietto e porgo la carta di credito per pagarlo.
"Carta di identità, prego!"
"Come?"
"Mi faccia vedere la sua carta di identità!"
"Ah, ok!"
Frugo nelle tasche, dappertutto. Non la trovo, non ce l'ho con me. Dimenticata a casa? Probabile.
"Mi scusi, non ce l'ho. Devo averla dimenticata a casa."
"Allora non posso accettare la carta di credito."
"Perché, mi scusi?"
"Ho bisogno di un documento di identità".
"Mi perdoni, non ce l'ho, non ho mai saputo che per pagare con la carta di credito fosse obbligatorio avere con sé un documento di identità".
"Deve tornare a casa e portarmi la carta di identità".
Qui i toni cominciano a scaldarsi. Non posso tornare a casa, non ho tempo, mi sembra ingiusto. Ma perché questo non accetta semplicemente la carta di credito e non mi dà il biglietto?
Dopo qualche frase non proprio garbata, mi minaccia.
"Guardi che chiamo la Polizia!"
E io: "La chiami!!!" (L'eterno ottimista...)
Arrivano due giovani poliziotti. Con loro io sono gentilissimo, mi scuso per il disturbo, confesso la dimenticanza e aggiungo: "Lo so che dovrei avere sempre con me un documento di identità, ma l'ho dimenticato a casa..."
E uno dei due: "Ma non è mica un obbligo, lo sa?"
"Che cosa?"
"Portare con sé un documento di identità. Non è un obbligo. NON VIVIAMO MICA IN UNO STATO DI POLIZIA!" (Il maiuscolo non è dovuto ad un cambiamento del tono di voce del poliziotto, solo al mio stupore...)
Un poliziotto che dopo tanti anni da quella maledetta Coca Cola allo stadio, e dallo schiaffone dei Carabinieri, e dalla macchina senza contrassegni che mi si avvicina minacciosa... Digos...
Due poliziotti, dicevo, che mi tranquillizzano e mi dicono: "Caro cittadino, stai tranquillo, NON SIAMO IN UNO STATO DI POLIZIA!!!"
Due poliziotti che hanno studiato la storia. E hanno letto la Costituzione. Che sanno di essere pagati per proteggermi, non per spaventarmi o minacciarmi.
Io il biglietto del treno l'ho comprato senza dover mostrare un documento di identità.
E quel bambino allo stadio si è sentito felice, dopo tanti anni, come se gli fosse stata restituita la sua Coca Cola. Tutta quanta. Tutta intera.  
 
  

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